Nel 1563 venne stampata a Venezia l'opera di Giovan Maria Bonardo La grandezza, larghezza e distanza di tutte le sfere celesti ridotte a nostre miglia. In quest'opera si trovano descrizioni dell'universo molto avanzate (per quei tempi); ad esempio: "Quelle cose, che vediamo nell'aria, che a noi paiono stelle con la coda lunga, non sono stelle, ma vapori accesi nell'aria, per la calidità della sfera del fuoco a modo di stella [...] e queste sono quelle cose, che addimandiamo Comete". Il concetto di universo risulta, però, un po' discostante da quello che abbiamo noi oggi e così si legge anche: "l'inferno è lontano 3758 miglia ed un quarto, il ciel empireo [...] dove felicissimamente i beati riposano [...] dista da noi 1.799.995.500 miglia".
Nel testo non è riportato quale tipo di miglio Bonardo usasse ma, molto probabilmente, questo era il miglio italiano o miglio geografico, pari a 1.851,851852 metri (avendone usato un altro le cose cambierebbero abbondantemente. Il concetto di miglio è difatti quantomeno labile e va dai 1.067 m del miglio russo agli 11.295 m di quello norvegese).
Nessun commento:
Posta un commento